DESCRIZIONE:
l'imbocco del pozzo è coperto da alcuni massi che lasciano appena lo spazio sufficiente per il passaggio di una persona e si trova sul fianco di una profonda dolina. Dopo pochi metri di discesa il pozzo si allarga bruscamente e scendendo si segue una specie di diedro formato da due pareti, alle quali ci si accosta lungo l'intero sviluppo del pozzo; alla base di questo vi è una stretta fenditura che è stata allargata artificialmente e che immette in un pozzo molto stretto, profondo 9m. Segue un tratto orizzontale, riccamente concrezionato, con una parte ascendente piuttosto angusta e al fondo completamente ostruita da depositi calcitici, ed un'altra discendente che sbocca in una piccola galleria a due livelli, nella quale la volta è drappeggiata da numerose stalattiti. Lo sviluppo della cavità continua con un pozzo di 9m, in parte concrezionato ed in parte corroso dal notevole stillicidio proveniente dalla volta, nella quale si apre un camino. Il fondo calcitico è interessato da un'altra strettoia, allargata anch'essa artificialmente, che porta in un pozzo alquanto inclinato, profondo una decina di metri, il cui fondo levigato da un velo d'acqua porta ad una nuova strettoia. La stessa immette in due pozzi successivi. Scendendo l'ultimo pozzo si raggiunge un comodo ponte naturale, dinanzi al quale nella parete di fronte è stato allargato un minuscolo passaggio comunicante con una diramazione laterale della cavità, costituita da un ampio pozzo che una fessura impraticabile collega con quello principale.
La volta, alta una quindicina di metri, è rappresentata da un agglomerato di massi incastrati, la cui probabile instabilità ha fatto desistere il tentativo di risalita alla ricerca di nuovi proseguimenti.
Oltrepassato il ponte naturale la morfologia della grotta cambia repentinamente d'aspetto. Spariscono quasi del tutto le concrezioni e compare la corrosione e fenomeni di ringiovanimento con enormi lame di roccia incombenti. Il fondo, diviso da un imponente sperone di roccia, è costituito da massi incastrati corrosi dal copioso stillicidio e nei punti più rialzati da qualche banco d'argilla. Nel medesimo luogo è stato ritrovato lo scheletro quasi intatto di una volpe. Non si sa come questo animale sia potuto arrivare a tale profondità, in ogni modo è certo che non può aver seguito la via degli speleologi ma, probabilmente, qualche cunicolo sconosciuto che dall'esterno lo ha portato involontariamente alla morte. Un'successiva strettoia allargata artificialmente immette in un pozzetto strettissimo completamente corroso che termina su di un piccolissimo ripiano rientrante in una nicchia dalla quale si scende attraverso una fessura, anch'essa allargata, ma comunque ancora angusta tanto da esser stata denominata "buca da lettere", fino a raggiungere il fondo, rappresentato da una fessura impraticabile.
Oltrepassata la "buca da lettere" una piccola finestra porta al vero proseguimento del complesso, costituito da un alto camino comunicante con il ..... tramite fessure impraticabili. L'ambiente si presenta quanto mai ostile e alquanto pericoloso per i detriti e le lame di roccia instabili. Un salto di 5m porta ad una frattura allungata in fondo alla quale si trova lo stretto imbocco del pozzo terminale profondo 15m molto accidentato e perciò pericoloso. Il fondo di questo, in parte argilloso, era interessato da un piccolo pertugio comunicante con un altro pozzetto, ma una lama di roccia staccatasi durante la risalita ha cancellato ogni traccia del pertugio.
L'Abisso è stato dedicato alla memoria di Giuseppe Sigon, figura straordinaria della primissima speleologia triestina. Sottoispettore dei Vigili del Fuoco, prese parte, a capo di una piccola squadra scelta, alle esplorazioni nella Grotta di Trebiciano compiute subito dopo la scoperta del Timavo sotterraneo. Avuto l'incarico dalle civiche autorità di continuare in altri luoghi le ricerche nelle cavità carsiche, egli si calò nel 1842 nel grande pozzo della Grotta Gigante, dove tra l'altro rischiò la vita per la rottura della campata, nella Abisso di Chiusa ed in altri profondi baratri. In quest'attività Sigon dimostrò irruenza, fanatismo e temerarietà e in seguito continuò per proprio conto ed a sue spese la ricerca del Timavo sotterraneo. Morì nel 1871 e riposa nel cimitero di S.Anna.