ACCESSO
Il Col Lopic si può raggiungere da Sella Nevea seguendo il sentiero di Pian delle Loppe fino al nevaio sotto Sella Robon; a questo punto si prende a destra un sentiero per il Rifugio Gilberti che passa direttamente a S del Col Lopic. Altrimenti si può partire dalla stazione della funivia posta presso il Rifugio Gilberti e, tramite un sentiero approssimativamente tracciato, si raggiunge in meno di due ore il Col Lopic. L'abisso s'apre sulle sue balze più settentrionali. Durante i mesi invernali è sconsigliato raggiungere queste zone. La grotta si trova generalmente libera da neve e ghiaccio nei mesi che vanno da agosto ad ottobre. L'ingresso non è di facile individuazione.
DESCRIZIONE
La cavità è impostata su una faglia subverticale di direzione 236-WSW che presenta un rigetto valutabile sulla decina di metri. Lo sviluppo dell'intera cavità è fortemente influenzato da due fattori: la faglia suddetta e la litologia. Il pozzo d'accesso (P14) s'apre nei calcari del Dachstein ed è impostato sulla faglia, come testimonia il suo andamento allungato fusiforme. Raggiunto il fondo si può procedere in due direzioni, diametralmente opposte. Verso E si incontra un piccolo salto di 8m che porta all'imbocco di un P50 con cui termina questa diramazione. Andando in direzione opposta, invece, si accede alle grandi verticali della direttrice principale. Una piccola galleria di una decina di metri conduce all'attacco di un P24 alla base del quale si trova un piccola laghetto superabile con un pendolo. Proseguendo, si giunge al terrazzino di ghiaccio di partenza del P80, unico pozzo che, anche in regime di magra presenta un notevole stillicidio. Di fronte al terrazzo, sulla parete opposta, si osserva una grossa cascata di ghiaccio che proviene dalla seconda entrata della cavità (CL1). Durante l'esplorazione, sul fondo del pozzo, si trovava un grosso cumulo di neve che quasi occludeva lo stretto cunicolo che porta alla fessura d'attacco del P70 (3 frazionamenti). Questo ha una sezione fusiforme e tende ad allargarsi a campana verso il basso; dalle sue pareti strapiombanti si staccano al minimo contatto grossi blocchi di roccia, rendendo così particolarmente pericolosa la discesa. Seguono un P24, 20, 3, 7, 5, 61. Quest'ultimo, certamente, è il pozzo più bello e spettacolare dell'intero sistema. Gli strati calcarei che il pozzo attraversa hanno giacitura quasi orizzontale e sono ricchissimi di megalodon messi in rilievo dall'erosione selettiva; alcuni presentano all'interno cristalli ben formati di calcite pura. Seguono una serie di saltini che portano alla profondità di 352m (fine delle esplorazioni del 1980). Da qui la cavità cambia decisamente morfologia: le grandi verticali lasciano, infatti, il posto ad angusti meandri, profondi anche 40m, fino a giungere alla profondità di 525m (punto raggiunto dalla squadra esplorativa F.Savoia e S.Modonutti nel 1982). Successivamente, nel 1991, con un P15, 72, 35, 4, 7, e 8 fu raggiunto l'attuale fondo: -625m.
NOTE GEOLOGICHE
La successione stratigrafica del Col Lopic non si discosta da quella riscontrata in tutto il massiccio: in superficie si trovano i Calcari triassici del Dachstein. Sono calcari molto ben carsificabili, a stratificazione marcata, intercalati da banchi prevalentemente dolomitici, sempre più importanti quanto più si scenda in profondità. Sotto ai calcari del Dachstein si trova la potente formazione della Dolomia Principale. Il confine tra le due formazioni è tutt'altro che netto; vi sono, infatti, sostituzioni sia in senso verticale che laterale, dovute all'eteropia che le caratterizza. Per quanto riguarda la circolazione superficiale delle acque, bisogna dire che l'intensa fratturazione e la carsificabiltà dei calcari triassici non permettono lo sviluppo organico di una rete idrografica sub aerea. Solo in periodi di elevata piovosità o durante lo scioglimento primaverile delle nevi, lo scorrimento superficiale può assumere un certo sviluppo, soprattutto a causa della giacitura suborizzontale degli strati. Diffuso il carsismo superficiale, presente con profondi campi solcati in tutta la zona. La totalità delle acque ricevute è assorbita dalle numerosissime cavità, micro cavità, fessure presenti, le quali alimentano e continuano a sviluppare una fittissima e profonda rete idrografica sotterranea.
Dal punto di vista strutturale il massiccio è costituito da un grande anticlinale sulla cui cerniera, in fasi successive alla deformazione principale, si è formata un'importante faglia con direzione E-W. Il massiccio è considerato più semplicemente come costituito da due strutture monoclonali, l'una, cui appartiene il monte Canin, ad immersione verso S, l'altra, cui appartengono il Monte Poviz e il Col Lopic, ad immersione verso N. Gli strati della struttura monoclinale N (Col Lopic) possiedono giacitura quasi orizzontale, con deboli angoli d'immersione. Tutta l'area presenta intensi fenomeni di fratturazione, riconducibili a tre direzioni principali: N-S, NW-SE, ENE-WSW.A quest'ultima famiglia appartiene la faglia su cui è impostato l'abisso Città di Udine. Fin dal primo pozzo, l'abisso è stato determinato dalla presenza della faglia. In ogni pozzo il carsismo, per quanto spinto, non è riuscito a mascherare lo specchio di faglia che viene fedelmente seguito in profondità. Questa situazione è ben evidente fino a -320, dove l'abisso, sviluppandosi pur sempre secondo direzioni parallele a quelle della faglia, subisce l'influenza di un altro importante fattore. Gli ambienti riducono notevolmente le loro dimensioni ed appaiono stretti e tortuosi meandri. Tutto questo è probabilmente dovuto ad un cambiamento di litologia. Ai calcari del Dachstein ben carsificabili contenenti livelli dolomitici, si sostituisce una successione decisamente meno carsificabile, in cui i livelli dolomitici assumono, scendendo in profondità, potenza ed importanza sempre maggiori. Questa situazione non varia fino alla massima profondità raggiunta nel 1982, -525m. Non vi sono informazioni sul tratto di grotta esplorato successivamente che porta a -625m.